Descrizione
Il Museo di San Casciano (capofila del Sistema Museale del Chianti e Valdarno fiorentino) fu allestito nel 1989 all’interno della chiesa di Santa Maria del Gesù o del Suffragio. Nel 2008 si è arricchito di nuove sale ricavate dai locali dell’antico convento di monache benedettine, che vi abitarono dal XVII al XIX secolo; la chiesa, tuttora officiata, è stata mantenuta parte del percorso museale. Alla collezione di opere di arte sacra a pianoterra sono state aggiunte la sezione archeologica e recentemente quella di arte contemporanea.
Arte Sacra
La sezione di arte sacra, composta da opere che vanno dal XII al XX secolo, provenienti dalle chiese del territorio di San Casciano, comprende non solo pitture e sculture, ma anche oggetti di oreficeria, paramenti liturgici e le “madonnine vestite”, oggetto di particolare culto a partire dal Seicento.
L’opera più antica del museo è il pilastrino scolpito con scene della Natività di Cristo, un tempo usato come acquasantiera e realizzato forse per l’abbazia di Sant’Antimo dal Maestro di Cabestany, uno scultore attivo tra Spagna, Francia e Toscana verso la metà del XII secolo.
Uno dei capolavori della raccolta è senz’altro la preziosa tavola San Michele Arcangelo attribuita a Coppo di Marcovaldo, tra le più importanti testimonianze della pittura fiorentina precedente a Cimabue, proveniente dalla chiesa di Sant’Angelo a Vico l’Abate come la splendida Madonna col Bambino di del grande pittore senese Ambrogio Lorenzetti, datata 1319 e quindi una delle sue opere più antiche.
Nel museo si conservano altre Madonne col Bambino trecentesche, come quella di Lippo di Benivieni (la cosiddetta “Madonna del Suffragio”), quella del Maestro del Trittico Horne e quella di Cenni di Francesco.
Un gruppo consistente di opere proviene da San Giovanni in Sugna, tra cui l’Incoronazione della Vergine del quattrocentesco Neri di Bicci, mentre dalla Pieve Vecchia proviene la tavola coi Santi Antonio Abate, Sebastiano e Rocco del Maestro delle tavole Campana (alias Maestro di Tavarnelle), nel cui sfondo si vede il paesaggio di Cerbaia.
Una delle ultime acquisizioni del museo è la grande terracotta invetriata con l’Assunzione della Vergine, opera di inizio Cinquecento della bottega dei Buglioni, proveniente da Santa Maria a Casavecchia.
Archeologia
I reperti conservati al primo piano provengono dai contesti archeologici più rappresentativi del territorio di San Casciano e della Val di Pesa, riferibili a un arco cronologico di oltre un millennio. Introduce a questa sezione la figura monumentale di un antico arciere, raffigurato in bassorilievo su una stele etrusca del VII secolo a.C., proveniente dall’omonimo tumulo funerario: la Tomba dell’Arciere. Nell’età orientalizzante del VII secolo a.C. i principi etruschi si autorappresentavano come dinasti del vicino oriente antico, come testimoniano i preziosi e raffinati avori intagliati del corredo del tumulo di Calzaiolo. Il periodo etrusco arcaico è ben rappresentato dai bronzetti votivi rinvenuti negli scavi archeologici dell’area santuariale di Sant’Angelo a Bibbione. Tra le piccole figure umane e animali in bronzo, spicca una matrice in pietra per la produzione dei bronzetti, documento unico nel suo genere. I materiali del sito di Poggio la Croce offrono la lettura di un contesto pluristratificato, la cui prima attestazione è documentata dall’importante stele funeraria in arenaria della fine VI secolo a.C. recante un’iscrizione etrusca con il nome di Mamarkes. Da una prima destinazione funeraria della tarda età arcaica, in età ellenistica l’area fu convertita in un insediamento fortificato, dal quale provengono reperti ceramici di IV-III secolo a.C. legati alla vita quotidiana. La romanizzazione del territorio, con la sua rete di ville e fattorie, determinò cambiamenti radicali. Un mondo nuovo, in cui la compagine romana si sostituisce a quella etrusca, è testimoniato da vari reperti, come la macina a trazione animale e gli strumenti agricoli della villa del Ponterotto, ma anche la tubatura fittile di San Giovanni in Sugana
Arte Contemporanea
Il progetto “Giuliano Ghelli al Museo Giuliano Ghelli”, presentato alla fine del 2021 nell’ambito dell’avviso pubblico PAC2021-Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è stato tra i 39 progetti selezionati come vincitori e ha quindi permesso al Museo di progettare un’intera sezione dedicata al quotato pittore Giuliano Ghelli (1944-2014), sancascianese di adozione, la cui arte è profondamente legata al Chianti e alla Val di Pesa. Per questo legame il Museo da tempo sentiva la necessità di acquisire alcune sue opere (possedendone già quattro, tradipinti e sculture in terracotta), percepite già come parte fondante del patrimonio culturale del territorio e della comunità, nonostante la fama internazionale dell’artista.
Nel 2022 è stata avviata la fase di acquisizione di 12 opere e la progettazione della nuova sala, affidata alla giovane storica dell’arte Giulia Barletta in collaborazione con Alessandra Galardi, storica collaboratrice di Ghelli e membro con gli eredi del pittore dell’associazione Archivio Giuliano Ghelli, che ha concesso in deposito numerosi altri pezzi che sono andati ad arricchire una collezione antologica che copre 40 anni di carriera del pittore, dal 1972 al 2012.
Il progetto si è concretizzato il 25 febbraio 2023 con l’inaugurazione della nuova sala.
Il terzo piano del Museo, parte della nuova sezione di arte contemporanea è in costante aggiornamento e prevede la rotazione delle opere esposte.
Modalità di accesso
Da via Roma 37 (entrata dalla Biblioteca Comunale)
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/museogiulianoghellisancascianoinvaldipesa
Indirizzo
Orario per il pubblico
Orario di apertura
Nuovo orario dal 1 settembre 2023
Orario estivo: 1 aprile - 30 settembre
- Lunedì 9.00-13.00
- Martedì 15.00-19.00
- Giovedì 15.00-19.00
- Venerdì 15.00-19.00
- Sabato 10.00-13.00 e 16.00-19.00
- Domenica 10.00-13.00 e 16.00-19.00
Orario invernale: 1 ottobre - 31 marzo
- Lunedì 9.00 -13.00
- Martedì 15.00-19.00
- Giovedì 15.00-19.00
- Venerdì 15.00-19.00
- Sabato 10.00-13.00 e 15.00-18.00
- Domenica 10.00-13.00 e 15.00-18.00
Torre panoramica del Chianti
La Torre Panoramica del Chianti è aperta in occasione di specifiche attività promozionali, turistiche ed eventi.
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Negli orari di apertura sarà possibile visitare l'istallazione "BULK Project" e salire sulla terrazza panoramica
Contatti
Struttura responsabile
Ulteriori informazioni
Una città e il suo territorio
Il territorio di San Casciano, già abitato in epoca etrusca, deve la sua fortuna alla presenza della strada romana che collegava le colonie di Florentia (l'attuale Firenze) e Sena Julia (Siena). La località era ubicata al decimo miglio da Florentia e il nome di San Casciano a Decimo si ritrova in diversi documenti di epoca medievale.
Il popolamento di queste zone, attraversate da una fitta rete viaria, è segnato dalla presenza di ben quatto pievi, da cui dipendevano numerose chiese suffraganee: la pieve di Santa Cecilia a Decimo, documentata nel 1043, perse progressivamente di importanza con la trasformazione di San Casciano in centro urbano fortificato, divenendo nel 1797 semplice chiesa parrocchiale.
Dalla pieve di San Giovanni in Sugana provengono numerose opere oggi custodite nel Museo di San Casciano, mentre le pievi di San Pancrazio e di Santo Stefano a Campoli conservano al loro interno alcune tele risalenti ai secoli XVI e XVII.
Una menzione a parte merita la Chiesa di Santa Maria al Prato, detta della Misericordia, vero scrigno di opere d'arte custodito con cura e dedizione dai confratelli dell'Arciconfraternita di Misericordia. L'edificazione, voluta dai Padri domenicani di Santa Maria Novella, risale al 1304: all'interno fanno parte del ricco corredo il Pergamo di Giovanni di Balduccio di Pisa, la Madonna in trono di Ugolino di Nerio, un Crocifisso di Simone Martini, l'Estasi di San Carlo Borromeo di Francesco Furini.
Un luogo pensato per i ragazzi
Il Museo di San Casciano vede la sua origine nella raccolta d'arte allestita fin dal 1989 nella chiesa di Santa Maria del Gesù. Il Museo d'arte sacra, creato per garantire la sicurezza delle opere un tempo sparse nel Vicariato di San Casciano, nel 2008 si è arricchito, grazie al recupero di alcune sale fino ad allora occupate da uffici amministrativi, di una sezione archeologica e di una sezione dedicata alle abitazioni primitive.
La scelta originaria di adibire a museo un luogo di culto, seppure officiato raramente, derivò da ragioni di ordine pratico e scientifico: la centralità nel tessuto urbano, la praticità dell'accesso, il mantenimento sugli altari delle opere per essi concepite.
Oggi, secondo un progetto culturale di più ampio respiro, il Museo di San Casciano intende affermarsi come polo culturale della comunità locale: il museo diventa la testimonianza viva della storia della città, è lo specchio in cui si riflette la realtà cittadina, è luogo di dibattito e di confronto, in primo luogo con le nuove generazioni.
Percorso di visita
Dalla sala d'ingresso, adibita anche ad ufficio informazioni turistiche, il percorso museale ha inizio dalla sagrestia dove è custodito, tra le altre opere, il fusto scolpito del Maestro di Cabestany. Da qui si accede alla Chiesa di Santa Maria del Gesù.
Dalla sagrestia, il percorso prosegue nella sala dei dipinti e nella sezione dei parati sacri.
Giunti nuovamente alla sala d'ingresso, dominata dalla maestosa stele detta "dell'Arciere", mediante le scale o prendendo l'ascensore si sale al primo piano, che ospita la sezione archeologica. Dalla seconda sala dedicata all'archeologia, si accede alla sezione delle Abitazioni primitive, che prosegue al secondo piano.
LA SAGRESTIA
La sagrestia, il cui altare è ornato dalla tela attribuita a Giovan Camillo Ciabilli raffigurante Il Martirio di Santa Lucia, vede esposto al centro il celebre fusto in alabastro della seconda metà del XII secolo, decorato con scene del ciclo della Natività. Non è nota la sua funzione originaria: potrebbe trattarsi della base di una fonte battesimale o di un candelabro per il cero pasquale. L'opera è attribuita al Maestro di Cabestany, ignoto artista francese del quale esistono testimonianze nell'Abbazia di Sant'Antimo a Montalcino ma soprattutto nella chiesa parrocchiale di Cabestany, da cui ha preso il nome.
Ha trovato collocazione in una nicchia la statua in marmo raffigurante la Madonna col bambino, firmata e datata: "MCCCXLI: GINO MICHELI: DA CH[A]STELLO". Anche se non si ha la certezza che Gino Micheli sia il nome dell'artista, per analogie stilistiche sono state raggruppate attorno a questo maestro una serie di opere, tra cui alcuni rilievi del ciclo decorativo del campanile del Duomo di Firenze.
LA CHIESA DI SANTA MARIA DEL GESÙ
La Chiesa di Santa Maria del Gesù, risalente alla seconda metà del XV secolo, fu costruita dai frati francescani dell'Osservanza come luogo di ospitalità sulla strada che congiungeva il convento di Fiesole e il convento di Poggibonsi. Nel 1493, il complesso fu convertito in Monastero di Clarisse e tale rimase, perlomeno fino al 1530.
Nel 1638, Francesco Paulosanti Lucardesi, segretario dei granduchi Ferdinando I, Cosimo II e Ferdinando II, ricostruì a sue spese il monastero dedicandolo a Santa Maria del Gesù e da quel momento vi dimorò una comunità di monache benedettine.
Soppresso il monastero, a seguito delle leggi napoleoniche di inizio Ottocento, qui furono ospitate le scuole pubbliche fino agli anni sessanta del XX secolo, oltre a un comando militare. La cura della Chiesa fu demandata invece, a partire dal 1825, alla Compagnia del Suffragio, sorta durante la peste del 1628.
Tra le opere qui custodite, si segnalano l'Incoronazione della Vergine di Neri di Bicci, datata 1476 e 1481 (inizio e termine dell'esecuzione del dipinto), la tavola raffigurante Sant'Antonio Abate, San Sebastiano e San Rocco, assegnata al Maestro di Tavarnelle e databile al 1515 circa, ed infine una Vergine in trono col Bambino tra i Santi Pietro e Paolo, anch'essa collocabile tra il secondo e il terzo decennio del XVI secolo e attribuita recentemente al Maestro del Compianto di Scandicci.
LA SEZIONE DEI DIPINTI
Il dossale raffigurante San Michele Arcangelo e storie, attribuito a Coppo di Marcovaldo, si può, a ragione, ritenere una delle opere più celebri del Museo di San Casciano e una delle più significative testimonianze delle relazioni culturali e artistiche intercorse tra Firenze e Siena nel XIII secolo.
Coppo, pittore fiorentino costretto a vivere a Siena a causa della prigionia successiva alla disfatta di Montaperti del 1260, ha incorniciato la ieratica figura dell'Arcangelo, che siede su un trono reggendo gli attributi della lancia e del globo crucifero, con sei episodi relativi alla sua leggenda.
La tavola, un tempo attribuita a un generico Maestro di Vico l'Abate, mostra significative analogie con altre opere dello stesso autore precedenti alla battaglia di Montaperti, che consentono di datare l'opera con sicurezza al sesto decennio del XIII secolo.
Il Museo di San Casciano ospita la prima opera nota di Ambrogio Lorenzetti, datata al 1319. La Madonna col bambino, anch'essa proveniente, come il dossale di Coppo di Marcovaldo, dalla Chiesa di Sant'Angelo a Vico l'Abate, sorprende per l'originalità delle soluzioni adottate per superare l'impostazione tipica del soggetto e la conoscenza delle novità maturate in ambito fiorentino nell'ambito di Arnolfo di Cambio, impegnato in quegli anni nella realizzazione dell'apparato decorativo della facciata di Santa Maria del Fiore. Accanto all'influenza della cultura giottesca, che si coglie in particolare nella plasticità delle forme, è la figura del Bambino, derivata dalla decorazione per il pulpito del Duomo di Siena di Nicola Pisano, a mostrare nella sua posa così naturale, la grande varietà dei linguaggi rielaborati da Ambrogio Lorenzetti.
Tra le altre tavole che compongono la collezione del Museo di San Casciano, si segnalano la Madonna col Bambino attribuita al Maestro del Trittico Horne e databile alla fine del secondo decennio del secolo XIV, la Madonna col Bambino assegnata a Cenni di Francesco (ultimo decennio del Trecento) ed infine la Madonna col Bambino tra i Santi Cristina e Antonio Abate, Caterina e Jacopo, del Maestro di Sant'Jacopo a Mucciana, dal nome della chiesa nei pressi di San Casciano da cui proviene. Quest'ultima opera era stata divisa in epoca imprecisata in tre parti: quella centrale, decurtata nella parte in basso, era collocata nel primo altare a sinistra, mentre le due laterali erano appese ai lati dell'altare maggiore. Il recente restauro ha cercato di ripristinare l'aspetto originario e ha consentito di far emergere alla base del primo pannello una iscrizione che fornisce la datazione dell'opera: "A.D. MCCCLXXXXVIII DIE. P. MO JANVI HOC OPUS ED.".
A sottolineare lo stretto legame tra le opere d'arte un tempo collocate nelle chiese del territorio di San Casciano e le tradizioni liturgiche, in questa sala hanno trovato collocazione alcuni interessanti esempi di oreficeria. Si segnalano in particolare le croci astili, databili tra la seconda metà del secolo XIV e i primi decenni del secolo XV, caratterizzate da forme e motivi decorativi differenti ma tutte di raffinata qualità.
La terracotta invetriata proviene dalla Chiesa di Santa Maria a Casavecchia, e raffigura l'Assunzione della Vergine, mentre nella predella sono rappresentati il Battesimo di Cristo, la Pietà e il Martirio di San Lorenzo, con ai lati gli stemmi della famiglia dei Casavecchia.
L'opera è datata tra il 1510 e il 1515 e viene oggi assegnata dalla critica alla bottega di Benedetto e Santi Buglioni.
PARAMENTI SACRI E MADONNE VESTITE
Il Museo di San Casciano conserva una interessante raccolta di Madonne vestite, manufatti largamente diffusi in particolare tra Sette e Ottocento e di grande qualità artistica, che solo lontanamente ci restituiscono la percezione dell'intensa devozione popolare che legava questi oggetti di culto alla vita delle campagne.
Gli esemplari esposti al Museo sono di diversa provenienza: accanto a interessanti esempi un tempo custoditi nelle chiese di San Casciano, alcune "madonnine" appartengono a collezioni private, mentre altre sono in deposito dal Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte a Firenze.
Di grande effetto decorativo sono i paramenti sacri esposti nelle sale del piano terra e nei corridoi laterali: databili tra la fine del Seicento e gli ultimi anni del Settecento, denotano un gusto raffinato per le ricche decorazioni floreali, che raggiunge esiti di grande effetto negli esemplari di manifattura veneziana e francese. In alcuni casi, si scorgono i riflessi della tradizione delle "chinoiseries", penetrata in Europa nel secolo XVII grazie alle importazioni delle porcellane cinesi ad opera della Compagnia delle Indie.
SEZIONE ARCHEOLOGICA
Il Chianti è un territorio dalla genesi ultra millenaria, popolato fin dai primordi della storia dell'uomo, attraversato da importanti vie di comunicazione nei secoli, soprattutto in periodo etrusco e romano, costellato, nel medioevo, di pievi e castelli con un popolamento sparso ma diffuso. In questo quadro San Casciano in Val di Pesa, adagiato sulle colline che dividono le valli del fiume Pesa e del fiume Greve, ha assunto, a partire dall'epoca etrusca, un ruolo fondamentale nella storia del Chianti, per la sua posizione strategica lungo la strada che da Firenze conduceva a Siena.
L'età orientalizzante
A partire dagli ultimi decenni del VIII secolo a.C. in Etruria si verificano cambiamenti sociali e culturali profondi. I contatti col mondo greco e quello vicino-orientale determinano l'arrivo di nuove conoscenze e straordinarie ricchezze, che alcuni individui riescono a concentrare nelle loro mani: i Principi, veri protagonisti dell'Età orientalizzante in Etruria. È proprio dalla metà del VI secolo a.C. che si ritrovano nel territorio del Chianti e, in particolare, di San Casciano i primi segni evidenti di insediamenti stabili.
I nuclei di Sant'Angelo a Bibbione e Poggio alla Croce, sedi di gruppi di aristocratici, esercitavano un controllo del territorio e delle vie di comunicazione che lo attraversavano. La presenza di tombe principesche costituisce la fondamentale caratteristica di quello che potremmo definire il "paesaggio dei Principi": ne sono esempi notevoli il grande tumulo di Sant'Angelo a Bibbione, da cui proviene la celebre Stele dell'Arciere, quello di Calzaiolo, sorto in posizione strategica alla confluenza del torrente Terzona nella Pesa, quello di Montepaldi e le due tombe a tumulo di Poggio alla Croce.
All'interno di queste tombe erano collocati arredi ricchissimi, oggetti di grandissimo pregio come avori, oreficerie, uova di struzzo e vasellame metallico e ceramico, frutto di doni, scambi e contatti con altri principi d'Etruria ed in particolare con i gruppi gentilizi dell'agro fiorentino e volterrano o con mercanti di terre lontane.
L'età classica
La chiusura dell'età orientalizzante non segnò il tramontare del potere dei Principi, che durante il VI secolo a.C. continuarono ad esercitare la propria egemonia. Tra la seconda metà del VI e la prima metà del V secolo a.C., il territorio mostra una particolare floridezza che è ben documentata dalla presenza di materiali di importazione come ceramica attica a figure rosse ed anfore di produzione greca ed etrusca. Tali prodotti giungono in queste zone attraverso il porto di Pisa, il bacino dell'Arno e la Val di Pesa, oppure da Populonia tramite direttrici interne, attraverso il territorio volterrano e la Val d'Elsa.
La ricchezza degli insediamenti locali è documentata, inoltre, dalla presenza di produzioni locali di ceramica di buona qualità, quali bucchero e acroma.
L'età ellenistica
La crisi dei modelli arcaici di gestione del potere e l'ascesa di centri egemoni come Fiesole e Volterra producono in tutto il territorio una generale ristrutturazione, che se in parte ricalca il precedente assetto, determina una nuova organizzazione dei centri rurali che interessano l'area del Chianti e di San Casciano.
La nascita di insediamenti fortificati è uno dei segni fondamentali di questo cambiamento. Un esempio è rappresentato da Poggio alla Croce che è oggetto di una ristrutturazione importante con la realizzazione di una spessa cinta muraria.
A partire dal II secolo a.C. si assiste a un lento processo di romanizzazione, fenomeno che possiamo ritenere concluso dopo la guerra sociale agli inizi del I secolo a.C., con la concessione della cittadinanza romana a tutte le popolazioni italiche che risiedevano a sud del Po.
Monete, ceramiche, anfore da trasporto ed, in generale, il cambiamento della cultura materiale indicano la lenta adozione da parte delle popolazioni etrusche di lingua, usi e costumi latini. Non siamo dunque di fronte ad un cambiamento antropologico e alla scomparsa della etnia etrusca ma alla progressiva adesione di quest'ultima al modello culturale imposto da Roma.
Il mondo romano
A partire dal I secolo a.C., cambiamenti economici e sociali determinano un mutamento dell'assetto territoriale. Fino a quest'epoca il territorio a destra della Pesa era stato di pertinenza di Fiesole mentre la parte a sinistra era controllata da Volterra. Sotto Silla, entrambe le città si vedono privare della cittadinanza e confiscare il proprio territorio, ma mentre l'agro fiesolano fu riassegnato ai veterani dopo la fondazione della colonia di Faesulae, quello di Volterra non fu diviso. La fondazione della colonia di Florentia, avvenuta a cavallo tra il 30 e il 15 a.C., deve aver determinato un ridimensionamento del territorio volterrano arretrando il confine del municipio fino alla riva sinistra dell'Elsa, oltre a ridurre ulteriormente anche quello fiesolano.
Le divisioni agrarie e le successive assegnazioni portarono all'installazione di ville rustiche che controllavano ampie porzioni di territorio lungo la Val di Pesa: sono un esempio di questa nuova articolazione e gestione del paesaggio le ville rustiche di Cerbaia, Sant'Andrea a Fabbrica, Mucciana e Murlo.
Dal II secolo d.C. si verificano ancora nuovi cambiamenti attraverso i quali una parte delle strutture produttive delle ville entrano in crisi mentre dall'altra i siti d'altura vengono rioccupati, probabilmente come sedi dedicate alla pastorizia e all'allevamento. Una ulteriore ragione alla crisi delle ville nel territorio rurale potrebbe essere rappresentata dalla forte attrattiva di Florentia, che in quel periodo sta raggiungendo il suo massimo sviluppo urbano.
SEZIONE GIULIANO GHELLI
La sezione ospita alcune delle opere più significative di Giuliano Ghelli, artista sancascianese di adozione, realizzate tra il 1972 ed il 2012. L'allestimento, realizzato grazie ai fondi del Ministero della Cultura "PAC 2021 - Piano per l'Arte Contemporanea", comprende opere di pittura e scultura che toccano i momenti più significativi della carriera del Maestro, seguendo un andamento cronologico che consente di conoscere e comprendere l'opera di Ghelli nella sua interezza, nel suo sviluppo e nelle sue plurime sfaccettature.